Buongiorno Aureliano

6. Ricordi

Cleo uscì per prima dal negozio. Da lì riusciva a vedere la parte superiore della facciata della chiesa, sull’altra piazza, più ampia e più in alto, rispetto alla piazzetta, di un paio di metri. Era, quella piazza, il vero centro di Borgovecchio, le scalette per accedervi, su cui spesso sedevano da ragazzi, erano state rimesse a nuovo così come la ringhiera di protezione, un tempo fatta di semplici tubi di metallo, era stata sostituita da un muro basso di mattoncini rossi. Per il resto non era cambiato molto in venti anni. Tuttavia, provò un senso di estraneità che le procurò un dolore sordo e profondo.

Alberto uscì dopo di lei e sembrò indovinare i suoi pensieri, o forse disse soltanto la prima cosa che si dice in questi casi.

        “ Allora, come vedi non è cambiato nulla. Siamo sempre qui.”

    Cleo non sapeva cosa dire. Forse non era stata una buona idea quella di tornare, tanto meno quella di andare a salutarlo. Ripensò all’imbarazzo di lui poco prima, e quasi si pentì dell’idea del caffè: in fondo non erano diventati che due estranei, cosa si sarebbero detti?

    Alberto sorrise con più convinzione.

        “Maurizio sarà contento di vederti, ci sei già passata?”

        “No, non ero sicura ci fosse ancora lui, ho visto l’insegna nuova e pensavo…”

“Ah, l’insegna. Si, ora si chiama “la piazzetta” ma è sempre il bar di Cesare, ti ricordi quanto ci scherzavamo sul fatto che fosse il tuo bar preferito?”

Cesare e Cleopatra, una sciocchezza che aveva completamente dimenticato e che ora, però, aveva avuto il potere di attenuare quell’angoscia.

“Ora c’è sempre Maurizio, è bravo sai. E lì c’è sempre Alessandro, e anche lui ha rimesso tutto a nuovo da qualche mese. Ricambio generazionale, credo si dica così, no?”

“Credo di sì”. Ora sorrideva anche lei. “Allora andiamo!”

Entrarono nel bar, Maurizio rimase senza parole nel vederla, usci dal bancone e le chiese il permesso di abbracciarla. Sia lui che Alessandro avevano sempre avuto una sorta di timore reverenziale per quella ragazza che sembrava appartenere ad un mondo diverso dal loro. Cleo lo strinse a sé. Gli fece qualche complimento sincero riguardo al suo aspetto che Maurizio ricambiò con altrettanta sincerità poi sedettero ad un tavolo lì vicino.

“Insomma, hai detto che sei qui per lavoro? Che tipo di lavoro fai?”

“In realtà sto più accompagnando mio marito. Lavoriamo insieme, diciamo così!”

Notò un’espressione di Alberto quasi di sorpresa alla parola “marito”, o forse era una sua impressione.

“Lui è un regista, stiamo girando una cosa per la tv e siamo venuti a vedere la piazza di Borgovecchio che un nostro cliente ci ha indicato come possibile “location”. Ti immagini la faccia che ho fatto quando ho sentito questo nome?”

“Ti riferisci a ‘location’ o a Borgovecchio?” Cleo rise, e Alberto riprese:

“Dai, scherzo! Certo, dopo tanti anni! Ma scusami, dove vivi adesso? Eri tornata in Puglia con tua madre o sbaglio?”

“Sì, un secolo fa. Ci sono rimasta tre anni poi sono tornata a Roma per fare l’università.”

“E perché…” Alberto stava per domandarle qualcosa ma si interruppe all’arrivo di Maurizio che aveva portato i due caffè. Ne aveva preso uno poco prima ma non era riuscito a dire di no, non aveva mai saputo cosa altro prendere, in un bar, al di fuori del caffè. Ancora rabbrividiva al ricordo di un orzo in tazza piccola che aveva assaggiato un giorno, nel vano tentativo di differenziare le sue abitudini.

“Perché non mi sono fatta più viva?” Riprese Cleo appena Maurizio li lasciò di nuovo. Aveva detto ai due che sarebbe andato a chiamare anche Alessandro.

“In realtà sono anche tornata, una volta, con una amica, ma odiavo questo paese. Per via di mia madre e di quello che era successo, non per altro”, si affrettò ad aggiungere. “Però non sono riuscita a chiamarti. Forse mi sentivo in colpa.” Con un gesto della mano spazzò via quei pensieri, “Dai, è passato così tanto tempo che mi sembra stupido stare qui a parlarne ora.”

Alberto approvò con una smorfia.

“Insomma, mi sono laureata in lettere, poi volevo fare l’attrice e ho lasciato tutto, sono stata a Bologna, poi in altri posti, mi sono sposata con Giulio e un mese fa sono tornata a Roma!” Disse tutto di un fiato e con un tono cantilenante. Poi guardò Alberto, lui aveva lo sguardo perso nell’aria e l’espressione che si ha certe volte, quando non si sta guardando attraverso lo spazio ma attraverso il tempo.

“Povera amica…” disse poi lui, fissandola come a sfidarla.

Lei lo guardò senza capire

“Povera amica che narravi…” proseguì lui, interrompendosi di nuovo invitandola a terminare.

Cleo si illuminò:

“…dieci anni in poche frasi ed io i miei in un solo saluto”

Un verso di Guccini, come allora. Ricordò il loro primo incontro, e le sembrò di riconoscerlo soltanto ora. Quel dolore sordo che l’aveva assalita e che si era affievolito con il passare dei minuti, sparì del tutto.

Risero insieme stavolta.

“Comunque hai avuto una vita piuttosto movimentata, a quanto pare”, disse lui.

Lei alzò le spalle e inclinò la testa da un lato, per sminuire.

“A raccontarla sembra chissà cosa, ma in realtà…”

“Sei un’attrice però, non suona tanto male.”

“Un’attrice? Nooo! Ho detto che volevo fare l’attrice, ma non ho detto di esserci riuscita. L’ho fatto per qualche anno, in effetti, e sono anche entrata in una buona compagnia.” Fece una pausa ad effetto e infine aggiunse: “Come truccatrice!”

L’espressione di Alberto era un misto di stupore, divertimento, rammarico, come se fosse indeciso su quale sentimento fosse il più appropriato. Cleo era divertita dall’aver ottenuto esattamente l’effetto desiderato.

“Era solo una cosa che mi riusciva bene e che mi permetteva di stare in quel giro, ma in effetti è di quello che ho vissuto, per un bel po’ di anni, mentre recitavo in piccoli teatri e partecipavo a provini di ogni genere. Pensa che ho persino fatto la comparsa per una serie tv sulla Rai, una volta”, aggiunse con finta enfasi, calcando la voce su quel “persino”.

   Maurizio tornò di nuovo, si appoggiò con le mani sulla spalliera della sedia in cui sedeva Alberto e disse che Alessandro sarebbe arrivato subito.

“Vabbè” concluse Cleo, “ora lavoro con mio marito, abbiamo una piccola casa di produzione che non sta andando male. Ma raccontami tu qualcosa, piuttosto.”

“E che te deve racconta’ questo. O sta a casa o sta al forno!”

Cleo rise, poi ascoltò Alberto che tutto sommato sembrò confermare la frase lapidaria di Maurizio. Aveva pensato di chiedergli se la donna in negozio fosse sua moglie ma non ce ne fu bisogno, lui la descrisse come una amica, e, per qualche motivo, la cosa la fece sentire meglio. Come se il fatto che lui fosse ancora solo e che la sua vita non fosse cambiata più di tanto, contribuisse a cancellare il tempo trascorso. Le dava la sensazione che se ne fosse andata via solo poco tempo prima, che non fossero passati quei vent’anni. Poi, tutti e tre, ricordarono insieme, tra risa e sospiri. 

Passarono i minuti, da “Raffinatezze” uscì e venne verso di loro, impeccabile con il suo grembiule nero, la figura alta di Alessandro. Con passo deciso e con espressione per niente sorpresa si avvicinò a Cleo e si inchinò per salutarla con un bacio affettuoso sulle guance:

“Bellissima, come stai? Giulio tutto bene?”

“Benissimo Ale, tutto bene.”

Alberto e Maurizio si guardarono stupiti, poi guardarono Alessandro.

“Ci sono i social, idioti. Che mi guardate con quelle facce?!”

Cleo rise, Maurizio rimproverò Alessandro di non aver detto nulla e lui si difese dicendo che non c’era nulla da dire. E aveva ragione, in effetti. A dispetto dei suoi modi, con i quali aveva ostentato quelle poche notizie che aveva in più sulla vita di Cleo, in realtà non si erano che scambiati qualche messaggio. Tuttavia, quella piccola intrusione del presente nel passato, aveva in qualche modo smascherato l’inganno, quella sensazione di essere tornati indietro di vent’anni si dissolse e Alberto ridivenne silenzioso e assorto.

Dopo qualche frase di circostanza Cleo si alzò, doveva tornare da suo marito, disse. Uscirono tutti insieme dal bar, poi lei indicò tre uomini che parlavano tra loro proprio in cima alle scalette rimesse a nuovo. Uno di questi la vide, tutti e tre si mossero, attraversarono la strada e si avvicinarono.

Fece le presentazioni, poi Maurizio rientrò a preparare caffè per i nuovi arrivati mentre Alberto e Alessandro dissero di dover tornare ai rispettivi lavori.

“Ci torni a trovare con più calma?” Chiese Alessandro

“Ma certo,” rispose Cleo. “Magari organizziamo una cena da me.”

“Magari” dissero insieme.

Furono saluti freddi, si scambiarono promesse che nessuno sembrava avere intenzione di mantenere. I due amici si allontanarono verso i loro negozi.

Cleo li osservò, tutto il dolore era tornato. Un dolore vago che non avrebbe saputo spiegare. Era come se due vite diverse si fossero mescolate improvvisamente, e la vaga sensazione che le cose non fossero al loro posto si era impossessata di lei.

Guardò suo marito che continuava a parlare con in due clienti, davanti al bancone, e Maurizio che preparava il caffè di spalle.

“Giulio, scusami, io ti aspetto in macchina che devo…” non le venne in mente nulla, ma non servì trovare una scusa. Giulio aveva fatto un cenno distratto con la testa per dire che aveva capito, non le stava prestando attenzione. E lei corse via.