Buongiorno Aureliano

Ricette della nonna

Le buone conserve della nonna
Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

Armida sta riempiendo i vasetti di pomodori verdi sottaceto. Li ha preparati come le ha insegnato sua nonna, riposi ‘n pace: un pezzetto di aglio, un pezzetto di peperoncino ogni tanto, solo lei li sa fare così buoni, altroché!

All’orto ieri c’erano tanti di quei pomodori che pure Faustino si era stancato di raccoglierli. Aveva dovuto sgridarlo poi però gli aveva promesso di fargli l’acqua frizzante con le bustine del negozio. Doveva averne ancora qualcuna. L’acqua pizzichina, la chiama lui, così grande e grosso, e a vederlo ridere e strizzare gli occhi quando la beve si ricorda perché si ostini ancora a comprargliela, e fortuna che non costa cara.   

Alla tv stanno dicendo del tizio che è sparito da qualche giorno: un ragazzino di ventuno anni, non si parlava d’altro in paese stamattina. A quanto pare vendeva aspirapolveri, era uscito a lavorare e non era più tornato a casa. E l’auto l’hanno trovata proprio giù alla piazza di Lesini.

Come ogni giovedì in piazza c’era il mercato così hanno dovuto chiamare i vigili per farla spostare e nessuno sapeva di chi fosse, ma di sicuro non era del posto perché lo sanno tutti qui che il giovedì c’è il mercato. E poi sono venuti i carabinieri, perché è venuto fuori che il proprietario dell’auto era questo ragazzo scomparso il giorno prima. Avevano fatto domande anche a lei, ma lei glielo aveva detto chiaro e tondo che non sapeva un bel niente e la lasciassero in pace che aveva già tanto da fare con suo fratello.

Dopo qualche giorno, sono finiti sul terzo canale, guarda tu se non fanno la fine di Vermicino che tutti se la ricordano solo per la storia dell’anno scorso, quella del ragazzino finito nel pozzo, riposi ’n pace.

Ascolta e continua a preparare le sue conserve.

Faustino invece se ne sta lì fuori a guardare l’orto e ad ascoltare la sua cassetta preferita. Sempre la stessa, benedetto Dio, sempre quelle stupide canzoni per bambini! Armida ogni tanto porta altre cassette che compra sempre al mercato da quel ragazzino che sembra uno zingaro, però è tanto gentile. L’ultima volta ha riportato quella di Albano e Romina, che almeno piacciono un po’ pure a lei, ma niente! L’ha ascoltata una volta, poi ha riattaccato con “Il valzer del moscerino” e “Torero Camomillo” e che il diavolo se lo porti, qualche volta glielo spacca quell’affare.  

– Faustino.

– …

– FAUSTINO! Abbassa il volume di quell’affare e vieni subito qui.

Faustino compare sulla porta finestra che dà sulla veranda oscurando la luce con la sua mole da gorilla.

– Faustino, guarda un po’ questo ragazzo – dice indicando la foto inquadrata in tv. – La mamma lo cerca.

Lui sbarra gli occhi, poi gira di nuovo lo sguardo su Armida.

-Il quadretto, – le dice. – il quadretto!

– Stai tranquillo Faustino, non è successo niente. Vatti a sentire la musica. Ma dopo quando ti chiamo mi devi aiutare. Capito?

Faustino borbotta un po’ ma è già più tranquillo. Se ne torna a cavallo della sua sedia a fare la guardia alle piante, canticchia una delle sue canzoncine.

Armida ha ancora un po’ di giorni ma vuole finire prima possibile, poi porterà tutto al banco di Gino: è l’unico banco al mercato che prende i suoi vasetti e paga bene e subito.  Non come quei ladri del negozio. Lo hanno chiamato Supermercato e hanno tutta roba confezionata, parlano di certificati e della provenienza degli ingredienti e altre diavolerie, tutte storie e piagnistei. E la roba buona fatta in casa che fine fa? Ditelo chiaro che non li volete e non fate perdere tempo alla gente che lavora e deve mangiare.

In TV ora stanno facendo delle domande ad una signora, c’è scritto sotto: “Luisa, mamma di Giorgio”, perciò il ragazzo si chiamava Giorgio. La donna piange, è preoccupata per suo figlio. Lei non ha figli ma ha suo fratello Faustino e pensa che se un giorno sparisse forse andrebbe a ringraziare il Signore e poi la farebbe finita pure lei.

Del resto, neanche una mamma ha mai avuto, morta quando è nato Faustino. Doveva essere successo un gran casino quel giorno, perché la mamma c’è rimasta secca e Faustino è venuto fuori quello che è. Ma non è che lei sta lì a fare le storie e i piagnistei: “I piagnistei non ti fanno mangiare” le diceva sua nonna.

Con i pomodori ormai ha finito, ora deve soltanto occuparsi della carne. Un bel ragù ci farà. Gino dice che le sue conserve vanno a ruba, le ultime gliele aveva pagate ottocento lire a bottiglia ma per queste gliene chiederà mille, le rivenderà in una settimana a dir tanto. Chiama di nuovo Faustino e gli dice di andare a prendere i sacchetti con lo spezzatino nel congelatore giù in cantina, e Faustino ubbidisce, come sempre.

Il congelatore era stato un’idea della nonna, quando c’era ancora nonno e avevano il maiale, e poi c’erano i polli, i conigli. Era sempre meglio avere una scorta per i momenti più difficili. Ancor più ora che erano rimasti soli, lei e suo fratello scemo, e se si fosse ammalata o si fosse rotta una gamba chi li avrebbe aiutati?

Quando si ammazzava il maiale era una gran fatica ma ora pensa che è stata una fortuna imparare tutte quelle cose. Come avrebbe fatto altrimenti?

Era rientrata stanca, dopo essere stata a servizio per tre ore, e aveva trovato quel disastro.

Faustino era seduto sul letto e ripeteva “Il quadretto, il quadretto”.

Aveva unito le mani davanti alla bocca, come se avesse deciso di pregare, e un pensiero alla Madonna lo aveva pure mandato ma non proprio di preghiera, poi aveva fatto un respiro lungo. Era come se, prima o poi, se la fosse aspettata una cosa del genere, aveva osservato la scena con rassegnazione, stanca.

Il corpo del ragazzo era ai piedi del letto, vicino al comò. La testa era la parte ridotta peggio. Intanto non era girata né verso destra né verso sinistra, come verrebbe naturale sdraiandosi a terra, sembrava, piuttosto, piantata sul pavimento, come se avesse avuto il naso conficcato tra le piastrelle. La nuca le aveva ricordato un salvadanaio rotto. Il sangue, seguendo una invisibile pendenza del pavimento, era arrivato sino alla porta della camera da letto.

– Il quadretto – aveva ripetuto Faustino indicando una piccola cornice in legno sul comò – lo voleva rubare. Forse.

Lo aveva fatto Faustino quel disegno, erano lui e la sua sorellina. Lei poi lo aveva reso speciale mettendolo in quella cornice di legno e tenendolo sul comò, accanto alle foto dei nonni e di sua mamma. Quando Faustino veniva in camera sua si fermava sempre qualche minuto a guardarlo, con quel suo sorriso che gli scopriva i denti solo da una parte.

Stavolta me lo portano via, aveva pensato Armida.

Doveva fare qualcosa, muoversi, non fosse altro che era finita con i piedi direttamente nella pozza.  Aveva aperto l’armadio e tirato fuori due vecchie lenzuola, le aveva lasciate doppie per avere abbastanza spessore e le aveva gettate sulla testa del cadavere.

– Mettigliele intorno alla testa. Aspetta, ti vado a prendere delle buste.

Uscita dalla camera si era tolta le scarpe per evitare di far pedate lungo il corridoio, poi era tornata con due buste di plastica belle pesanti.  

– Adesso prendilo e portalo giù in cantina, mettigli anche queste in testa e vedi di non sgocciolare dappertutto.

E da lì aveva fatto come si faceva con il maiale, improvvisando un po’, non c’era poi tutta questa differenza dal punto di vista pratico.

Certo che ora, a vedere quella donna piangere, un po’ di pena la sente, sarebbe stato meglio se il nome non l’avesse mai saputo.

Giorgio, riposi ‘n pace.

Meglio spegnere la tv.

Di assaggiarlo non se l’è sentita, però un po’ di sughetto sul pane l’ha provato e diavolo se non le ricorda i sughi di sua nonna. Faustino sta di nuovo in veranda e ha riattaccato con le sue canzoni. I bambini cantano le “Tagliatelle di nonna Pina” e Armida pensa che, tutto sommato, con un sughetto così, due tagliatelle non ci starebbero per niente male.

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