Buongiorno Aureliano

11. Social Network

Foto di Edar da Pixabay

Alberto finì di chiudere il negozio e tornò a casa, a piedi, come sempre. Salutò sua madre e andò a sdraiarsi sul letto. Marisa lo avrebbe richiamato a tavola entro qualche minuto, avrebbero mangiato insieme davanti al tg2, poi, mentre lei sparecchiava la tavola, lui sarebbe tornato a stendersi e avrebbe recuperato un paio di ore di sonno prima di tornare al forno.

Ci sono giorni, però, in cui le cose non scivolano via come fanno sempre. Aveva già sbuffato due o tre volte scorrendo con le dita la rubrica del cellulare. Ma come aveva fatto a non chiederle il numero?

Aveva aperto facebook, rallegrandosi che non gli venisse richiesta una password. Non era mai stato un tipo da social, la sua foto del profilo risaliva ad un paio di estati prima, gliel’aveva scattata Maurizio durante una vacanza in Calabria. Probabilmente era da allora che non lo apriva. 

Scrisse sulla casella di ricerca: Cleopatra. Venne fuori di tutto: gruppi, personaggi, alberghi. Ci stava. Aggiunse: Della Quercia. Nulla. Rifletté su quale nome avesse potuto utilizzare per il profilo, ne provò un paio poi decise che sarebbe stato inutile continuare così.

Aveva anche pensato di scrivere ad Alessandro per chiedergli dove avesse trovato le informazioni che riguardavano la loro vecchia amica ma non aveva alcuna intenzione di esporsi in quel modo. Cosa avrebbe pensato di lui? Si tirò su a sedere sempre più insofferente e poggiò il cellulare sul comodino. Per fortuna sua madre chiamò per il pranzo.

“Cos’hai?” gli chiese.

“Niente, solo un po’ più stanco del solito”

Aveva imparato a gestire sua madre, sapeva che la scusa della stanchezza da sola non avrebbe retto, così le raccontò di Alessandro e della conversazione avuta con Ginevra. Sperava che lei imputasse a quello la sua insofferenza, poi le immagini in tv sembrarono catturare l’attenzione della donna e Alberto pensò di averla fatta franca. Finirono di mangiare in silenzio.

Marisa si era alzata e già cominciava a sparecchiare la tavola. Alberto notò come tra un viaggio e l’altro, tra il tavolo e il lavandino, la madre scorresse sul tablet le notizie o le storie o come diavolo si chiamavano, sul suo profilo social.

“Ti piace?” le domandò indicandole il tablet.

“Ci passo il tempo” rispose.

“ormai sarai un’esperta”

“Ma no, guardo un po’, ogni tanto condivido. Tu non metti mai niente, sennò condivido pure a te”

Alberto sorrise pensando a come sua madre temesse di fargli un torto condividendo le cose di qualcun altro che non fosse lui.

“Ottocento ventisette amici!” Le disse dopo aver dato un’occhiata al tablet. “Ma non ci stanno in tutta Borgovecchio ottocento persone!”

“Ma mica le conosco veramente” Disse lei. “Tante non so nemmeno chi siano, ho pure un’amica che scrive dal Belgio, pensa!” Alberto inarcò le sopracciglia e decise di non indagare oltre, però gli venne un’idea, bevve l’ultimo sorso d’acqua dal suo bicchiere, e portò le ultime cose a sua madre dicendole che sarebbe andato a riposare.

Una volta in camera accese il portatile ed entrò sul suo profilo. Stavolta ci mise un po’ perché non entrò in automatico com’era accaduto con il cellulare poco prima e aveva dimenticato la password. Dopo quindici minuti di mail e notifiche e messaggi di allerta, finalmente vide ricomparire la foto nella quale mangiava un gelato e rideva a qualche battuta di Maurizio. Forse ne erano passati tre di anni, ma ora non era quella la cosa importante.

Digitò il nome di Alessandro e subito riconobbe la foto del suo negozio. Alessandro quella mattina aveva salutato Cleo come se non fossero passati tutti quegli anni e poi aveva fatto un riferimento ai social. Doveva essere tra le sue amicizie.

Cleo DQ. Semplice tutto sommato, ma vallo ad indovinare.

Eccola lì. Ferma in un’immagine che non riconosceva.

Non c’era molto su di lei ma forse perché non era tra le sue amicizie e non aveva la possibilità di vedere tutto, non era un grande esperto in materia. Possibile che Il suo ultimo post fosse addirittura del 2013?

La freccia del mouse si era trasformata in una manina, ferma sul pulsante aggiungi. Un solo clic per inviarle una richiesta di amicizia. Non ne ebbe il coraggio. Lo avrebbero visto tutti, Maurizio lo avrebbe preso in giro, gli avrebbero fatto un sacco di domande, no!

Decise di mandarle un messaggio privato.

“Mi ha fatto piacere rivederti. Non mi hai lasciato il numero!”

Rilesse: troppo diretto, decise. Cancellò l’ultima frase.

“Mi ha fatto piacere rivederti. Sentiamoci poi per quella pizza tutti insieme, a proposito, non mi hai…”

Niente, cancellò tutto di nuovo.

Alla fine, lasciò soltanto: “mi ha fatto piacere”. Senza pensarci oltre inviò e spense il portatile, già pentito.

Ormai per dormire era tardi, si ricordò del suo proposito di ricomprare un nuovo rasoio e visto che la giornata aveva preso quella piega, decise di uscire subito. Meglio così, si disse, avrebbe avuto più tempo prima di andare a riaprire il negozio.

Prese l’auto. Il Centro Commerciale era poco lontano ma non da andarci a piedi. Venendo dalla provinciale non bisognava svoltare all’ingresso del paese, quello che ti accoglieva con un cartello blu con la scritta “Borgovecchio” ed un muro tappezzato dal bianco e nero degli annunci funebri, ma proseguire per un altro chilometro circa, fino all’indicazione successiva.

Il nuovo svincolo, oltre che portarti al centro commerciale, si ricongiungeva poi con la parte superiore di Borgovecchio, al Colle, dove c’era ancora il vecchio Castagno. Ci avevano fatto una piazza, accanto, con le panchine per sedersi e i lampioncini per andarci la sera.

Dopo un paio di rotatorie Alberto entrò nel parcheggio, semideserto a quell’ora. La fila di auto che c’era i primi anni, quando arrivavano dai paesi vicini e persino dalla città, ormai era solo un ricordo. Oggi ogni paese aveva il suo centro commerciale.

Parcheggiò davanti all’ingresso principale, accanto ad un alberello striminzito che, nonostante il tempo trascorso, era ancora puntellato da assi di legno rinsecchite. Non era più chiaro se fossero loro a sorreggere l’esile fusto o fosse il contrario. A completare il quadretto un cestino inzeppato di immondizia e due bottiglie vuote di birra allineate sul bordo del vialetto.

Dentro, alcuni negozi avevano chiuso da tempo. Alberto ripensò ad Alessandro e si disse che aveva fatto la scelta giusta a rimanere lì, lo avrebbe aiutato per quanto gli fosse stato possibile.

Si diresse verso il negozio di elettrodomestici e cercò i rasoi. Qualcuno lo salutò.

Gli capitava spesso di salutare persone che conosceva soltanto di vista, clienti per lo più, di cui non ricordava neanche il nome. Questo però lo ricordava: Domenico, l’avvocato che andava dietro a Margherita. Gli era simpatico.

“Tutto bene? Niente lavoro oggi?”

“No, magari. È soltanto presto, vado tra un po’.”

Alcune persone sembrano stupirsi di trovarti in un altro posto che non sia quello dove ti vedono abitualmente, forse credono che tu stia lì ventiquattro ore su ventiquattro. O forse è solo un modo per dire qualcosa, un po’ come parlare del tempo.

“Comincia a fare freschetto eh!” disse l’uomo

Appunto, penso Alberto. Si limitò ad annuire

“Stamattina ho portato un cappuccino a Margherita, era sola poverina.”

Ecco dove voleva andare a parare, di sicuro era di lei che voleva sentire

“Oh sì, me lo ha detto”, disse. Poi, vedendo lui illuminarsi a questa semplice informazione, pensò di farlo ancora più contento: “Le ha fatto molto piacere”, aggiunse, calcando su quel molto come se volesse intendere chissà cos’altro.

Domenico arrossì, quasi si impappinò per la gioia: “ma davvero? Ti… ti posso offrire un caffè?”

Alberto si stava già domandando se avesse fatto meglio a non aggiungere quel commento, ma ora gli sembrava di peggiorare la cosa a lasciarlo lì con quella convinzione. Magari davanti ad un caffè avrebbe ridimensionato un po’ la faccenda e chiarito tutto.

“Volentieri, però devo scegliere un rasoio…”

“Fai con calma, ti aspetto qui fuori”

Fatto il suo acquisto aveva già dimenticato l’invito. Fortuna che gli era venuta sete, e che avesse deciso di arrivare comunque al bar a prendere qualcosa da bere. Domenico era seduto ad un tavolo e gli fece un cenno. Alberto si diresse verso di lui, indeciso se essere più contento della pessima figura evitata o scocciato per la conversazione che in fondo non aveva alcuna voglia di intrattenere.

“Cosa prendi?” Chiese Domenico

Alberto aveva sete, era venuto al bar per quello, in fondo. Cercò di pensare rapidamente a qualcosa che gli piacesse, forse un chinotto o un’aranciata. Poi apri bocca, tentennò per un momento e disse:

“ehm… caffè!”

Niente. Doveva avere una qualche maledizione, magari aveva ragione Amr. Come diceva lui? Amenofi secondo! Ecco. Non riusciva ad ordinare nient’altro che caffè.

Si disse che avrebbe preso una lattina di qualcosa da Alessandro, più tardi. Domenico lo aveva invitato ad accomodarsi al tavolo ed era andato a prendere l’ordinazione.

Sfilò il cellulare dalla tasca, come faceva sempre prima di sedersi, gli diede un’occhiata, nell’attesa che Domenico tornasse con i due caffè e vide una notifica con una icona insolita. Era la risposta al suo messaggio. Cleo.

“Anche per me è stato un piacere. Devo tornare martedì per lavoro, spero di trovarti.”

Domenico stava tornando al tavolo, lui gli sorrise con sincerità stavolta. Ma sì, era proprio simpatico. Ad un tratto si sentiva più leggero, e anche quel centro commerciale in fondo non era così male. E magari avrebbe preso anche quel chinotto al posto del caffè!

No, forse quello sarebbe stato eccessivo.

Non indagò, per il momento, sul perché il messaggio avesse prodotto un tale effetto, ma ora si sentiva pronto ad ascoltare qualsiasi lamento da innamorato respinto. Almeno questo era ciò che si aspettava.

Rimase perciò stupito dal tono serio e quasi professionale dell’altro che sedendosi esordì:

“Se non ti avessi incontrato sarei passato in negozio, ho bisogno di parlati di una cosa importante”

L’atteggiamento di Domenico lo riportò sulla terra, e l’odore pungente di un pessimo disinfettante, che fino a quel momento non aveva neppure avvertito, lo avvolse coprendo anche l’aroma del caffè ancora fumante sotto al suo naso. Qualcosa gli diceva che non sarebbe stato l’amore per Margherita, l’argomento principale di quell’incontro.